ROVIGO_ A 78 anni dal 25 Aprile 1945 ci ritroviamo per celebrare la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, la fine dell’occupazione nazista e la definitiva caduta del regime fascista.
Oggi a Rovigo le celebrazioni.
Il Prefetto di Rovigo Clemente Di Nuzzo ha partecipato alla cerimonia celebrativa della Festa della Liberazione presso la Sala consiliare del Comune di Rovigo.
Il Prefetto, nel suo intervento di saluto, ha rimarcato l'importanza della data in quanto rievocativa di un evento fondante della nostra Costituzione e di quello che oggi siamo: una Nazione che assicura le più ampie garanzie delle libertà e delle regole democratiche, progredita e autorevole.
«La Liberazione, punto culminante della Resistenza - queste le parole del Prefetto - rappresenta un netto punto di cesura con il passato fascista e con l'esecrabile alleanza con il nazismo. Al contempo, costituisce la base di quel patto costituzionale che vide tutte le sensibilità politiche antifasciste del CLN unirsi e dare vita alla nostra Costituzione, la via maestra lungo la quale si è realizzato il sogno di ridare all'Italia una dignità democratica e di riconsegnarle un ruolo di assoluto rilievo nel panorama europeo ed internazionale. Il resto l'abbiamo fatto noi Italiani che, nei quasi ottanta anni dalla Liberazione, abbiamo sempre trovato, nei momenti più difficili della Repubblica, nella Costituzione figlia della Resistenza, un sicuro rifugio una fonte di risposte democratiche, anche quando vi era chi invocava una restrizione delle libertà, di fronte ai più gravi attacchi di forze eversive e criminali».
In conclusione il Prefetto ha ricordato che le basi della nostra vita civile e sociale possono essere minate dalla progressiva internazionalizzazione ed europeizzazione di conflitti regionali, come dimostrato dal conflitto russo-ucraino, nonché da attività terroristiche su scala internazionale. Dunque, le conquiste in tema di diritti umani, uguaglianza e pace non devono mai essere date per scontate, e ciascuno è chiamato ad operare nei propri ambiti di intervento e di impegno politico e sociale per difendere e propugnare le basi democratiche del nostro vivere civile ed affermare condizioni di giusta pace fra le Nazioni.
Il Discorso del Sindaco Edoardo Gaffeo:
Il suo nome era Carla Liliana Martini. Il 14 marzo del 1944 aveva 17 anni e frequentava la Prima Liceo al “Tito Livio” di Padova, essendo nata il 7 agosto 1926 a Boara Polesine.
Quel 14 marzo 1944 Liliana venne arrestata dalle SS insieme alla sorella Teresa, di pochi anni più grande, tradotta in carcere a Venezia e dopo alcuni giorni di interrogatori brutali condannata a morte.
La sua unica colpa era quella di essere parte della “Catena di salvezza” organizzata da Padre Placido Cortese, direttore fin dal 1937 del “Messaggero di Sant’Antonio” e presbitero presso la Basilica del Santo. La “Catena di salvezza” era una rete clandestina di persone di tutti i ceti e di tutte le provenienze, che nei drammatici mesi susseguenti all’8 settembre 1943 riuscì ad organizzare la fuga verso la Svizzera di centinaia e centinaia di prigionieri di guerra sudafricani, inglesi, neo-zelandesi, croati e sloveni all’epoca detenuti presso i numerosi campi di concentramento sparsi nella campagna Veneta (Chiesanuova e Monigo su tutti), di giovani Italiani renitenti all’arruolamento nelle milizie e nell’esercito repubblichini, di cittadini Italiani di religione ebraica.
Il viaggio della speranza avveniva via treno sulla tratta Padova-Milano-Oggiono, guidato da giovani donne - tra cui le sorelle di Liliana: Lidia, Renata e Teresa - incaricate di accompagnare quei fuggitivi che nemmeno conoscevano e che spesso non sapevano parlare italiano, per dare a quei giovani una copertura in grado di restituire una parvenza di normalità di fronte ai continui controlli. Il compito di Liliana, nei pomeriggi dopo essere tornata da scuola, consisteva nell’individuare una sia pur minima somiglianza tra i volti di quei disperati altrimenti condannati a morte certa e quelli raffigurati in un pacco di fototessere che Don Placido staccava via via dagli ex-voto che da tutta Italia arrivavano a Sant’Antonio, con cui poi produrre documenti falsi.
La pena di morte di Liliana fu tramutata, grazie alla disperata intercessione di un amico di famiglia, nell’internamento presso il “campo di punizione e annientamento attraverso il lavoro” di Mauthausen. Liliana - spogliata di tutto, rasata, ricoperta di una casacca di tela a strisce su cui era cucita il triangolo rosso con cui venivano identificati i prigionieri politici ed impresso il numero 18974 – compì a Mauthausen il suo 18-simo compleanno. Liliana sopravvisse, ancorché ridotta a schiava e letteralmente sul punto di essere uccisa svariate volte. Nonostante tutto ce la fece, attraversando anche i campi di lavoro forzato di Linz e Grein an der Donau. Riuscì a fuggire da quell’inferno scavalcando una rete di recinzione una notte di inizio Maggio del 1945, e impiegò oltre un mese per rientrare a Padova portandosi addosso i sintomi di una tubercolosi ossea. Oltre ad un fardello di ricordi e sensazioni difficili da raccontare e impossibili da spiegare.
Liliana aveva attraversato tutto il male di cui l’uomo è capace, vi era entrata poco più che bambina e ne era riemersa quando ancora doveva compiere 19 anni. Non aveva colpa, se non quella di aver scelto da che parte stare, senza chiedere nulla in cambio. Aveva scelto - giovane adolescente che si affacciava alla vita - di stare dalla parte dell’Uomo, senza preoccuparsi di quale lingua parlasse o di quale religione venerasse. In questo 25 Aprile, rendiamo omaggio a Liliana e a tutti gli altri eroi che hanno scelto da che parte stare, che hanno combattuto con tutti i mezzi il male assoluto del fascismo e del nazismo, e che ci hanno riconsegnato la libertà. Opponendosi con tutti i mezzi a chi pensava che esista qualcosa di aberrante chiamato “razza superiore”, a chi svilì la propria Patria asservendosi vigliaccamente al giogo di volgari criminali, a chi non era altro che criminale egli stesso sebbene mascherato da legittima autorità politica.
Liliana è mancata il 25 settembre 2017, dopo aver ricevuto nel 1975 l’onorificenza di Croce al Merito di Guerra. L’insegnamento che ci ha lasciato in eredità è contenuto in poche, ma straordinarie parole: “Oggi, a distanza di tempo, mi rendo conto che quanto è accaduto in modo così osceno, inumano, spesso indicibile, ha un senso: quello della memoria per il futuro, del ricordare per i posteri, fiduciosi che la memoria possa fungere da limite, affinché quanto avvenuto con vergogna dell’umanità tutta non abbia a ripetersi”. Un obbligo morale a cui non possiamo sottrarci, e che ci impone di abbracciare senza reticenze e ambiguità i valori di libertà e riscatto morale e civile consegnatici dalla lotta di Resistenza contro il fascismo e il nazismo.
Buon 25 Aprile a tutti voi!