Grazie al Fai Delegazione di Rovigo del Fondo Ambiente Italiano, abbiano conosciuto la storia di questo palazzo in pieno centro storico durante le Giornate di Primavera. E' stato affascinante entrare in questo luogo abitato e scoprire il suo passato e i pregevoli particolari che lo compongono. Ringraziamo la disponibilità della Famiglia Ubertone per il regalo reso alla città!
Intorno al 1787 Fortunato Rosada conclude l'acquisto di una serie di case e porzioni di fabbricati in borgo San Bartolomeo e fa ristrutturare il tutto in forma di palazzetto veneto che viene contemporaneamente anche decorato con pitture murali e stucchi.
*L'attuale ingresso oggi nel cortile in Corso del Popolo era dapprima il retro del palazzo che all'epoca si affacciava direttamente sull'Adigetto navigabile dove si poteva scendere e accedere alle imbarcazioni attraverso tre gradini a scendere.
I Rosada erano ricchi possidenti non nobili, provenienti da Venezia e più precisamente da Pellestrina. Un ramo di questa numerosa famiglia si sposta a Rovigo intorno al 1770 per la compravendita di alcune campagne. L'acquisizione del bel palazzetto dominicale è un segno della buona fortuna economica ma anche della volontà di acquisire uno status sociale più alto. Fortunato entra a far parte della Municipalità francese del 1797. Il fratello Piero è un vero e proprio uomo d'affari: fornisce il capitale e la dote alle nipoti, compra e vende terreni a ritmo ininterrotto per molti anni, diventa presidente della Camera di Commercio di Rovigo nel 1803.
Una sorella di questi due uomini, Maria Colomba Rosada, era monaca nel convento delle cappuccine di Chioggia e dopo la soppressione napoleonica dell'ordine si rifugia presso la casa di Rovigo, dove viene fatta costruire una piccola dependance in cui lei vive fino alla morte nel 1820.
Lì è stata ricavata una celletta senza finestre, sulle cui pareti è appeso una copia del suo ritratto datato 1767, mentre al piano terra è rimasta l'inferriata originale di una finestra con le sue iniziali (MR).
Nel 1850 il palazzo viene intestato a Maria Angela Rosada per salvarlo da un'eventuale ipoteca o vendita (in quanto il fratello Silvestro era carico di debiti).
La donna muore senza figli e la discendenza della famiglia era solamente femminile (i maschi non si sposarono); ragion per cui la casa passa a vari parenti acquisiti fino al 1902, quando diventa proprietà dei coniugi Bolognini, che probabilmente furono i fautori del restauro del secondo piano nobile che lo stravolse completamente (prima era identico al primo piano).
Nel 1925 venne acquistato dall'Avv. Urbano Ubertone dai cui discendenti è tutt'oggi abitata. Oltre ai decori ed agli stucchi, sopravvivono alcuni pezzi originali come molte porte lignee ed una lunetta di vetro a piombo.
La facciata principale su Via Miani, suddivisa in tre piani, riproduce con la trifora del piano nobile il tipico prospetto della casa veneziana; questa corrisponde alla sala centrale disposta perpendicolarmente alla strada, su cui si aprono le camere, anche questo è un carattere discendente dal salone rinascimentale e barocco della dimora patrizia veneziana. Sempre in facciata quattro mascheroni in chiave d'arco molto espressivi e ben connotati. Sul retro un piccolo e grazioso cortile sorge davanti alla seconda facciata, che ripropone le tre arcate della loggia ed è priva di decorazioni, ad eccezione del poggiolo in pietra.
All'interno l'eleganza e l'accoglienza degli ambienti è data dagli stucchi di diversi colori, dagli affreschi di Luigi Marangoni, dalle tempere su gesso, dai travicelli dipinti, dai pavimenti a terrazzo e dalla scala in pietra alla romana a tre rami, quasi uno scalone monumentale in miniatura, che si conclude al piano nobile con una balaustra pure in pietra sormontata da due statue, Apollo e una fanciulla con coppia di colombe, e da due cesti con fiori e frutta.
Le fasi decorative furono quasi certamente due:
1790/94 con affreschi del Marangoni e dei suoi allievi al piano nobile, stucchi forse di Giuseppe dal Bene; statue della scala.
Metà 800 tre tempere su gesso del soffitto della sala che la Reali attribuisce al veneziano Giovanni Biasin e stucchi di due stanze al piano nobile di Andrea Gambazzi di Lugano, datati e firmati.
© Testo scritto da: Dott.ssa Tonina Vegnuti