“Dopo Roma, non è Rovigo la città più importante in Italia”?
Miracoli del Rugby!
“Capita - racconta Ivan Malfatto, che con Willy Roversi e Antonio Liviero cura l'attesa mostra “Rugby. Rovigo città in mischia” (promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in Palazzo Roncale dal 22 ottobre 2022 al 29 gennaio 2023) - di andare all’estero e, alla domanda “da dove vieni”, sentendo il nome Rovigo gli occhi dell’interlocutore di illuminino. Soprattutto se sei in vacanza in zone dove il rugby è popolare. In realtà ad essere nota non è tanto la città, ma la squadra”.
Il rugby è stato sicuramente un modo per far conoscere Rovigo a livello internazionale e un importante contributo è arrivato dalle partite che la nazionale italiana ha giocato nella città polesana.
Fino all’avvento del Sei Nazioni negli anni 2000 Rovigo era tra le città italiane che avevano ospitato più volte gli azzurri. La prima volta accadde il 28 marzo del 1948 quando al Tre Martiri l’Italia affrontò la Francia B che vinse 39-6. La partita più importante e storica, però, resta quella del 28 novembre del 1979 con il Battaglini che ospitò la prima sfida ufficiale tra Italia e Nuova Zelanda. Gli All Blacks erano stati nel nostro paese anche due anni prima ma ad affrontarli era stato il XV del Presidente, la nazionale azzurra rinforzata da tre giocatori stranieri. C’era molta attesa per quella partita e anche un po’ di preoccupazione vista la forza dell’avversario e il fatto che da giorni il Polesine era avvolto da una fitta nebbia. Gli All Blacks, capitanati da Graham Mourie erano reduci da un tour europeo che li aveva visti battere Scozia e Inghilterra e quello di Rovigo era l’ultimo impegno prima di tornare a casa. Per la federazione neozelandese si trattava di un incontro non ufficiale e infatti non assegnarono il “cap”, mentre la FIR decise in maniera opposta. Quasi a sorpresa quel mercoledì 28 novembre la nebbia si fece da parte per lasciare posto a una giornata soleggiata. Già un’ora prima del calcio d’inizio lo stadio era stracolmo di gente con tutti gli oltre 3.500 posti occupati. Fuori dai cancelli, però, c’erano ancora tantissimi appassionati che attendevano di entrare. La situazione era critica e ci fu una riunione tra gli organizzatori e i responsabili dell’ordine pubblico su cosa fare. Fu deciso di far entrare il pubblico anche sul recinto di gioco, sempreché fossero d’accordo le due squadre. Per la delegazione italiana andava bene, “no problem” dissero i neozelandesi. In maniera ordinata e tranquilla le migliaia di spettatori che erano in attesa fuori dallo stadio si disposero attorno al campo occupando la vecchia pista di atletica che allora circondava il terreno di gioco. La partita si disputò in maniera del tutto regolare e il comportamento del pubblico fu magnifico. Vinsero gli All Black 18-12, ma una meta degli azzurri nel finale li fece soffrire non poco. A oggi quello rimane il miglior risultato mai ottenuto dall’Italia nelle sfide con la Nuova Zelanda. Qualche tempo dopo un alto dirigente della federazione neozelandese raccontò a un consigliere della FIR che in Nuova Zelanda erano convinti che Rovigo, dopo Roma, fosse tra le città più importanti d’Italia visto che ci avevano fatto giocare gli All Blacks. Nel mondo del rugby può succedere anche questo.
Un po’ di Rovigo c’è anche nella celebre “Rugby pathway of fame”, il cammino della gloria. Gli inglesi, padri del gioco, l’hanno creata nel 1999 ed è una passeggiata lungo la città di Rugby, circa 70.000 abitanti nel Warwickshire (Inghilterra), poco più grande di Rovigo. Celebra il luogo dove questo sport è nato attraverso 50 placche in bronzo, raffiguranti un pallone ovale, inserite nella pavimentazione della strada. Su ognuna c’è il nome di un giocatore o di un evento che ha avuto un’importanza decisiva nello sviluppo del gioco. L’unico italiano inserito nel cammino della gloria, in mezzo a giocatori di tutto il mondo, fra le statue di William Webb Ellis (il leggendario inventore di questo sport), la scuola di Rugby (dove è nato), e altri monumenti, è il rodigino Stefano Bettarello. All’incrocio fra Rengent ed Henry Street, nei pressi del teatro cittadino, c’è la placca numero 31 con il suo nome. La numero 30 è di Jpr Williams, leggendario estremo del Galles dai folti basettoni, la numero 32 di Serge Blanco, uno dei più grandi giocatori francesi.
Nella “Pathway of fame” ci sono altri tre big che hanno incrociato il rugby italiano. L’australiano David Campese, i sudafricani Naas Botha e Nick Mallett. Gli ultimi due hanno giocato a Rovigo.
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