ROVIGO - Pop Art e Fashion in Villa Morosini che apre le porte all'arte di Andy Warhol e di Regina Schrecker ospitando una mostra di caratura internazionale che accenderà i riflettori sul legame tra Pop Art e Moda, attraverso un inedito mix tra storia e cultura. Alla presentazione stampa Vittorio Sgarbi oggi a Polesella.
Venerdì 6 Ottobre ore 18 inaugurazione al pubblico.
C’era il parterre delle grandi occasioni a Polesella per l’inaugurazione della mostra “Regina Schrecker e Andy Warhol, Fashion e Pop Art in villa Morosini”. L’ex residenza del Doge, fino al 21 gennaio 2024 ospiterà alcune tra le opere più importanti di Andy Warhol. A rendere il percorso espositivo unico nel suo genere, ci sono anche gli abiti disegnati da Regina Schrecker, modella e lady universo negli anni ’70-’80, grande amica di Warhol.
L’On.Vittorio Sgarbi, alla presenza del Prefetto di Rovigo, Eccellenza Clemente di Nuzzo, del Comandante provinciale della Guardia di Finanza, Col. Antonio Morelli, del Comandante provinciale dei Carabinieri Edoardo Canpora, del Questore di Rovigo, Giovanni Battista Scali, della Consigliera Regionale Laura Cestari, del Presidente della Provincia Enrico Ferrarese e del Vicepresidente di Confindustria Veneto Est Paolo Armenio, ha detto: “Regina Schrecker è una donna attiva, viva e capace nel mondo dell’imprenditoria e della moda. Questa mostra rappresenta quasi un corto circuito nel mondo dell’arte perché una villa seicentesca che ospita opere classiche, oggi si apre alla Pop Art e non solo espone Warhol ma porta qui anche il soggetto di una sua opera.
L’opera d’arte è quindi destinata a sopravviverci. Ma Regina è qui presente e in questa mostra si scegliere di metterla accanto al suo quadro, rendendo Villa Morosini un luogo di attrazione che sprigiona con questa mostra una forza di attrazione intelligente, pop direi e presentandoci il rapporto tra arte e la vita vera. Regina un’opera d’arte vivente che continua a produrre opere d’arte attraverso i suoi abiti”.
Regina Schrecker invece torna su “l’amicizia con Warhol è stata abbastanza lunga. L’ho conosciuto a New York e ci siamo subito piaciuti. Il nostro feeling artistico si è affermato quando ho deciso di diventare stilista: lui mi ha seguita molto e apprezzava i miei abiti. Questo lo ha portato a ritrarmi. All’epoca era per me un atto di grande amicizia ma non avevo valutato l’importanza artistica di questo gesto. Ora lo comprendo e ne sono orgogliosa. Moda e cultura sono arte: non possono esistere queste cose l’una disgiunta dall’altra”.
La vernice al pubblico è fissata per domani venerdì 6 ottobre, alle ore 18, sempre in villa Morosini.
L’evento, aperto al pubblico su prenotazione, permetterà una visita esclusiva alla mostra e prevede un brindisi inaugurale con aperitivo a buffet curato da Corte Bariani.
Al vernissage interverranno l’Ing. Luciano Zerbinati per i saluti di apertura, la protagonista Regina Schrecker, il curatore della mostra Alberto Mazzacchera, la giornalista esperta di Moda e storia del Costume Fiammetta Benetton.
C'era una volta... La favola moderna dei mio percorso artistico
di Regina Schrecker
Raccontarsi va molto di moda, oggi si chiama storytelling ed è un modo di ricordare gli steps del patrimonio artistico di un brand, raccontare i primi passi, i primi successi, fe tante emozioni vissute sulla propria pelle durante il percorso con i suoi up and down, ma anche il suo heritage (o l'eredità) ... e la sua mission. La mia mission era il forte desiderio di rendere il mondo più bello, più vivibile in tutte le sue espressioni artistiche, volevo creare una moda per la donna moderna, internazionale che si affacciava alla vita lavorativa e si poteva finalmente vestire in modo frizzante e controcorrente, attuale ma senza dimenticare il bon ton anche in ufficio! Volevo trovare il coraggio di realizzare questa mia visione = sì, perché ci vuole coraggio per essere anticonformistae speravo di emozionare il mondo femminile con delle creazioni tali da suggerire una vera metamorfosi della donna, un passo gigantesco dagli anni ‘50 (la donna regina del focolare, la casalinga) agli anni fine ‘60/ "70 con le lotte della liberazione femminile, il ‘68, l'emancipazione!
Prima un periodo da modella durante ho vissuto momenti indimenticabili, sia sul set della TV sia poi a Cannes dove sono stata eletta Cine Modella dell'Anno per i caroselli e poi, in Sardegna “Lady Universo 1971”, e in seguito ho lavorato come top model (anche se ancora non si chiamavano così le modelle) in giro per il mondo per alcuni anni. Poi, però, è esplosa la mia ribellione: non era questa la mia vita, dovevo mettermi in gioco, far vedere a me stessa di cosa ero capace e, da un giorno all’altro, ho deciso di realizzare il mio sogno e creare, anzi disegnare gli abiti... e non solo indossarli! E così ho cambiato radicalmente, ho fatto il grande salto da “oggetto a soggetto”
Bisogna essere molto curiosi, aver voglia di imparare, perché nessuno (o pochi!) ti aiutano se non dimostri di valere! È questo che i giovani devono capire: la moda non è solo calcare le passerelle o saper fare dei begli schizzi. Nel 1980 debutto con la mia personalissima griffe, improntata su un total look e un life styie completo. Allora it Fashion Business era molto diverso da oggi: non esistevano né Facebook né Instagram o le altre piattaforme social, non c'erano i cellulari e neanche internet, alle sfilate si proibivano le macchine fotografiche ai non addetti ai lavori per non essere copiati tramite invio di fax a qualche fabbrica in Oriente. La carta stampata aveva un'importanza primaria: riuscire a essere pubblicati dalle grandi riviste di moda internazionali in un “redazionale” non a pagamento era quasi impossibile, ma anche un piccolo articolo sui quotidiani aveva îl potere di classificare uno stilista come nuova star del sistema Moda.
Negli Stati Uniti avevo lavorato molto come fotomodella e, verso la fine degli anni ‘70, avevo conosciuto Andy Warhol. Era subito nato un feeling di grande amicizia tra di noi.
lo e lui avevamo molte cose in comune, ci sentivamo vicini come carattere e appartenenza e così continuavo a frequentare la Factory ogni volta che mi trovavo a New York. Nel 1983 mi “convoca” un giorno nella Factory perché mi voleva ritrarre... nello studio c'era il truccatore che mi dipinse il volto di un fondotinta bianco come una geisha, il parrucchiere ha aggiustato la mia pettinatura alla David Bowie, e Andy mi scattò 12 polaroid dalle quali ne avrebbe 18 scelto una per realizzare due serigrafie su tela, una su fondo bianco e una su fondo rosso. Le altre 11 polaroid sono state poi comprate dall'Art Institute of Chicago che ha pubblicato una di queste in un booklet in mostra. Ci siamo “tutte”, Marilyn, Elisabeth Taylor, Liza Minelli, io... È emozionante rivedere questi scatti esposti in un museo così prestigioso!
Il fascino della libertà. Andy Warhol e Regina Schrecker
di Vittorio Sgarbi
Trovo straordinario il fatto che una splendida Villa neoclassica, come la Morosini, già residenza dell'omonimo doge di Venezia alla fine del Seicento, ospiti una mostra dedicata all’haute couture di Regina Schrecker e alla Pop Art. Se è vero che ci troviamo in un raffinato edificio storico, è anche vero che Andy Warhol aderisce in qualche modo alla lunga tradizione della ritrattistica, rimpiazzando i nobiluomini o le dame di allora con le attuali celebrità dello spettacolo, della moda o della politica. La Pop Art è l’immagine della città occidentale che è cambiata e che rinasce dopo le ombre e le macerie della Seconda guerra mondiale. L’imprenditoria industriale lancia una massiccia campagna mediatica che rinvigorisce il capitalismo straripante e attrae un vasto bacino di nuovi clienti. La lavatrice è la rivincita sulla propria casa bombardata, la pin-up prorompente e patinata sui corpi martoriati, ì cibi in scatola sulla fame. Gli artisti della Pop Art individuano e rivelano i meccanismi della nuova cultura di massa, facendoli entrare di diritto nel mercato dell’arte. Diventano degni di attenzione le forme archetipiche come la Gioconda di Leonardo, i più disparati oggetti industriali e seriali, la pubblicità martellante che, ieri come oggi, ne accende il desiderio di possesso © l’esponenziale diffusione di immagini in ogni dove, tv e rotocalchi, cartelloni e manifesti, fumetti e prodotti commerciali.
Warhol, sui fasti di un’eccezionale indole dai poliedrici interessi, crea il suo personaggio riconoscibilissimo e, con distacco formale e resistenza a qualsivoglia espressione dell’animo umano, approda a una tecnica fredda, seriale, rappresentando contenuti altrettanto stereotipati e industriali, siano essi oggetti in vendita nei supermercati, siano essi personaggi famosi come quelli qui esposti in mostra, Marilyn Monroe, Liz Taylor, Liza Minnelli, Elvis Presley, Joseph Beuys e Regina Schrecker. La linea marcata o l’assenza di chiaroscuro contribuiscono a rendere le figure irreali, idealizzate a mo” di icona sacra, di feticcio da adorare e mitizzare secondo le nuove logiche della religione del consumo. ll Mazrto di New York sa bene che gli stilisti possono realizzare un abito identico a quello di un piccolo sarto di provincia, ma conosce bene anche il potere della griffe, del nome, che fa la differenza. Il valore estetico di un oggetto industriale o di un’opera sta nel suo prezzo e il prezzo lo fa il marchio. L'artista non ha interesse a pubblicizzare la Coca-Cola o Marilyn Monroe, ma se stesso attraverso quei miti, ribaltando, pervertendo, di fatto il senso della comunicazione.
Nei 1983 viene allestita, alla Galleria Rizzardi di Milano, una bella mostra dedicata ai grandi stilisti staluani interpretati da Warhol, come Armani, Coveri, Krizia, Versace e la nostra Schrecker, a sua volta ritratta da Basquiat in un piatto del Toulà. Warhol, che è presente alla mostra, partecipa anche all’inaugurazione delia nuova collezione dell’amica Schrecker, che aveva già avuto modo di frequentare nella sua Factory a New York e a cui aveva già dedicato ben due ritratti. Il consueto ingrandimento approssimativo, la replicazione seriale, lo sfondo bianco e rosso, sospeso e surreale, le tinte accese e piatte, i capelli e le labbra alterati e caricati contribuiscono ad accrescere l’astrazione e l'attrazione della protagonista. Una donna unica, Regina Schrecker, modella e stilista di respiro internazionale, artista eccentrica e cosmopolita che si è sempre contraddistinta per il sapiente sposalizio tra forme tradizionali rivisitate ed espressioni moderne, d'avanguardia, libere, nella cucitura di un capo d'alta sartoria come in ogni aftlato della propria vita.
Le opere in mostra qui alla Cs' Morosini, compresi i famosi hommages di Warhol o gli abiti e ì costumi di scena per il Teatro lirico disegnati dalla stessa stilista, ci restituiscono l’immagine di un mito indiscusso della grande moda e dell’arte italiana.
La storia d'amore tra Arte e Moda. La genesi dello Stile
di Fiammetta Benetton
Sullo Stile si è scritto molto, si è lungamente dibattuto, ma c'è un punto attorno al quale tutti gli studiosi si trovano concordi: ogni stile rivela la visione del mondo di un dato gruppo ed è quindi depositario di un concetto qualitativo che introduce temi come l'anticipazione, la fusione e la continuità.
Sono proprio questi tre concetti a garantirne l'affermazione. Qui sl insedia Il forte legame tra Arte e Moda: a renderlo comprensibile ci pensa la capacità interpretativa di ogni autore che, attraverso “l’invenzione” fa affiorare usi e costumi della società nel quale si trova Immerso ancorandoli per sempre alla realtà e consegnandoli, attraverso le sue opere, al consumatore per soddisfarne un desiderio spesso inconscio o mai esperito prima.
Come in tutte le storie che prendono le mosse dal rapporto tra uomo e materia, anche quella raccontata da Andy Warhol attraverso i due grandi ritratti fatti a Regina Schrecker comunica all'immaginario collettivo l'immortalità del concetto di eccellenza, democratizzandolo a favore di un mercato affamato.
La Pop Art esplode proprio mentre la guerra in Vietnam impazza, in un periodo storico in cui il Premio Nobel per la Pace viene assegnato a Martin Luther King, e mentre in Inghilterra compare la prima minigonna, anch'essa una silenziosa e maliziosa forma di protesta delle classi popolari contro la nuova pesantissima tassa sui tessuti. In questo rigurgito di contrarietà la Pop Art affonda le radici in scoperte tecnologicamente avanzate che le permettono di comunicarsi a tutti. Nell'arte popolare ogni oggetto ha la possibilità di elevare il proprio status.
Perfino un barattolo di zuppa diventa arte.
Ed è giusto: tutti noi lo abbiamo davanti agli occhi, tutti noi lo utilizziamo ma quanti di noi riescono davvero ad apprezzare il valore di un'invenzione originale di cui nessuno conosce l’autore? Ecco un'ottima ragione per esaltario.
La Moda intesa come elemento divulgatore assorbe, per ruolo sociale, ciò che affiora da economia, politica, antropologia e lo restituisce al pubblico attraverso l'imposizione di un determinato Stile.
Ciò che scaturisce dalla relazione tra moda e Pop Art ha conquistato i giovani del globo, ha permesso di tramandare tra generazioni specifiche scelte, riempiendo di nuovi significati elementi vestimentari considerati (prima) senza tempo: la t-shirt, il jeans, il giubbotto.
Warhol avvia la sua carriera a New York come illustratore di prestigiose riviste di moda, su tutte Vogue e Harper's Bazaar ma è nella sua Factory che avvia il più importante lavoro della sua vita: interpretare attori, modelle, stilisti e fotografi (che rappresentavano il “popolo dei desiderati”) in opere d’arte incorniciabili. Tra queste, dopo Armani, Fiorucci, Krizia, Marylin e Liz, c'è anche Regina Schrecker, che ha un motto: non essere oggetto ma soggetto.
Non ritrovate in questo il significato intrinseco della produzione legata alla Pop Art?
ANOY WARHOL, LA POP ART E REGINA SCHRECKER
di Alberto Mazzocchero
Andy Warhol (1928 - 1987), cantore tra più acciemeti della socretà dei consumi, comprende appreno le portata della pubblicità verso la quale matura une speciale venerazione. Ne: giorni di degenza ospedaliera, dopo 8 tentato Omrcicho del 1968, disse, “la pubblicità prime di tutto. lo guerdo le pubbilcità con to stesso rispetto con ll quale andrei a visitare un Museo”.
Prima che la Pop Art, approdasse in Ralia, sui finre degli anni Cinquenta, Milano si era trasformata in un formidabile laboratorio culturale di straordinarie levetura internazionale. Ciò era accaduto sotto & iungimirante magistero, in primis, di Lucio Fontane (1899 — 1968) e del designer Bruno Munari (1907 - 1996). La reazione milanese alla crisi dell’inforrnale si sriluppe attraverso tre differenti canali, quello richilista e concettuale, che fa Capo a Piero Manzoni (1930 - 1963), quello costruttivo oggettuate, srumato de un foto gruppo di artisti tra i quali Enrico Castellani (1930 - 2017) e Agostino Bonakers (1935 - 2013), e quello attorno al segno entro uni percorso che sarà definito semantico, coaguiatosi nei Gruppo del Cenodro, costituto nei 1962.
Negli anni Cinquanta Warhol esordisce sulla scena newyorchese quale disegnatore pubblicitario per importanti riviste quali: Harper's Bozar, The New Yorker, Glamour e Voque. AI contempo Warhol costruisce un forte legame con il mondo della moda che aveva praticato da giovane illustratore. Stringe amicizia e ritrae famosi fashion designer tra i quali Diane von Furstenberg, Giorgio Armani, Gianni Versace, Valentino, Yves Saint Laurent ed in particolare Halston.
Ed è per la mostra milanese Warhol e la Moda Italiana, alla Galleria Rizzardi, che Warhol! realizza nel 1983, in due esemplari unici, i ritratti di Regina Schrecker, con le rigorose solite dimensioni.
Fin dagli anni Settanta, Warhol riceveva in misura crescente molti ben remunerati incarichi per i ritratti di celebrità e di privati che aspiravano essere tali. Per quanto attiene le dimensioni, sempre identiche, è Bob Colacello, a sveiarne, in una recente conferenza, il mistero. Infatti, alla domanda posta direttamente a Warhol sul perché realizzasse Î ritratti esclusivamente nel formato 100 x 100 cm, la risposta fu che un giorno avrebbe voluto esporli, tutti insieme, al Metropolitan Museum di New York, come un solo gigantesco pannello che avrebbe intitolato Portrait of the Society.
I ritratti di Regina Schrecker testimoniano il forte legame di amicizia con Warhol che in lel intuiva molte doti. L’ammirata mannequin, negli anni Settanta, decide, di apprendere i primi rudimenti dell’arte di creare abiti in un piccolo maglificio nel bresciano. Dalla carriera di modella di grande successo, aveva appreso come valorizzare la figura femminile, come nascondere Ì difetti, cosa volere da un abito che si indossa. Ora queste conoscenze risultavano preziose per diventare e, infine, imporsi come un’acclamata fashion designer.
In quegli anni Settanta giunge alla Factory: un porto di mare, dove era sempre un grande tavolo apparecchiato con ogni ben di Dio che non era certo ta zuppa Campbell’s. Perché, spiega Schrecker, Warhol era “un uomo attento ma non tirchio”. Alla Factory transitava tutta New York e approdavano molti artisti tra cui alcuni italiani quali Mario Schifano (1934 - 1998).
La sera Warhol, ricorda Regina, amava andare in piccoli ristoranti newyorchesi, locali intimi, talvolta russi. Poi, ovviamente, c’era lo Studio 54.
È lo stesso Warhol a chiamare Schrecker, in albergo a New York, per proporie un ritratto. li giorno dopo, con il suo taglio alla David Bowie, Schrecker è senza trucco alla Factory dove truccatori e parrucchieri l’attendono per preparala alla sequenza di Polaroid, scattata da Warhol, che è parte integrante della genesi del ritratto. Ne esce un primo ritratto su fondo rosso (a cui farà, poco dopo, seguito quello su fondo bianco) che sarà esposto nel 1983, accanto a quelli di stilisti italiani quali Versace, Krizia, Coveri, alla menzionata mostra milanese curata da Leandro Gualtieri, alla Galleria Rizzardi.
Ma Warhol a Milano, in quell’autunno, rende omaggio a Schrecker presenziando alla presentazione della sua nuova collezione di moda e la sera, al ristorante El Tulà, al termine di un pranzo con molti ospiti, convince Jean-Michel Basquiat a farle un ritratto, che viene realizzato su di un piatto di porcellana utilizzando matita per occhi e rossetto. Warhol vuole Regina, ed il ritratto su fondo rosso, presenti anche per l'intervista filmata, di Romano Battaglia che rilascia alla RAI per il TG1 (Andy Warhol, il matto di New York).
Viene, così, in emersione un Warhol che se da un lato annotava finanche le mance che dava, dall'altro sapeva con oculatezza omaggiare taluni amici con la sua presenza in eventi pubblici, e con Il raro dono di dipinti che trasformano il ritratto, come acutamente indica Vittorio Sgarbi, in una sorta di “icona sacra, di feticcio da adorare e mitizzare secondo le nuove logiche della religione del consumo”.
Informazioni Villa Morosini
ALTRE OPERE ESPOSTE IN VILLA
La mostra che includerà le opere di Andy Warhol e gli abiti di Regina Schrecker, prevede anche l’esposizione esclusiva al pubblico di altre due opere d’arte: un ritratto che Jean-Michel Basquiat fece a Regina utilizzando per tela un piattino di ceramica del mitico Toulà (il primo gruppo italiano che portò l’alta ristorazione in Europa, negli anni ’60. Non solo: per rendere completa la mostra, sarà esposta anche una delle rarissime boccette di profumo della Maison Schrecker, disegnata da Arnaldo Pomodoro. Un capolavoro di creatività che ben rimanda al fermento e alla collaborazione artistica che animava gli anni ’70-’90. Esempi dell’irripetibile fermento culturale e artistico che gli anni ‘60-’80 incorniciarono, e che verrà ben trasferito dalle atmosfere che verranno ricreate in Villa Morosini.
DETTAGI APERTURA MOSTRA
La mostra sarà aperta al pubblico dall’8 ottobre 2023 al 21 gennaio 2024.
Biglietto di ingresso: intero 12 euro/ ridotto 10 euro (ridotto per over 65, bambini tra i 6 e i 12 anni). Gratuito per portatori di handicap.
Aperture sabato, domenica e festivi (escl. 25 dicembre). Orario 9-13, 14-18
Visite guidate alle 10.30 e alle 15.30.
Per prenotazioni e info: Pop-Out info@pop-out.it • +39 391 49.83.435
Sito: www.villamorosini.it